Ho conosciuto una “Bambola Blu”
Era tutto ciò che credevo che fosse. Fu un incontro più social che casual. Mi piaceva, e mi piace ancora, quel suo modo di fare spavaldo ma cordiale, audace ma dall’animo indomito, sempre in lotta continua con chiunque volesse impadronirsi della sua vita, del suo destino, della sua identità. Le avevo dato anche un nome, per me era la “Bambola Blu”. Il Blu dell’ira indossato da una Bambola che della sua femminilità non ne ha mai fatto sfoggio eccessivo. Voleva solo riappropriarsi della sua dignità. Della sua vita.
Una risata graffiante a cielo aperto e tanta voglia di urlare in faccia, a chiunque le impedisse di continuare a ridere. Colta. Fascinosa. Comunicativa. Coraggiosa. Guerriera e figlia di quella terra che l’ha un po’ tradita. Erede di quella oltraggiosa cultura che ti reprime, ogni qualvolta tenti di puntare i piedi, volendo a tutti i costi farcela da sola. Se poi sei una donna, allora i problemi diventano “mille” e vanno a braccetto con le controversie.
Ogni traguardo diventa irraggiungibile e la tua salute comincia a cantare “O bella Ciao”. Mutano i fattori, ma il prodotto non cambia. Sempre spigliata e sorridente, anche se la incontri dopo tanto tempo. Ha da rivelarti sempre una nuova storia, condita dai soliti soprusi, e l’ennesima presenza di “pinna forense” che le circola intorno.
Nell’ultimo appuntamento le chiesi se c’era qualcosa che potessi fare: – Certo, mi rispose, avrei un’imbasciata che dovresti recapitare per mio conto. – Dimmi pure “Bambola Blu”. E allora lei, col suo solito placido flemma mi disse: – Se ti trovi a passare da Medjugorje, lascia pure un messaggio da parte mia. Devi far sapere a chi sappiamo noi, che se si può fare qualcosa ebbene che si sbrighi, perché io sto prenotando il mio prossimo viaggio, e sono indecisa tra Lourdes e Fatima, e ti assicuro che mi stanno già facendo molta pressione. Credo proprio che “Bambola Blu” abbia compreso il senso della competizione. Una volta ci si raccomandava a Dio. Come cambiano i tempi.